PRK STANDARD
E’ la prima tecnica laser ad essere stata utilizzata ed ancor oggi rimane valida, sicura ed efficace. E’ il trattamento più utilizzato dai chirurghi oculisti per la sua facilità di esecuzione e per la precisione e la ripetibilità dei risultati. La PRK presenta il pregio di non indebolire la struttura e quindi la biomeccanica corneale e di non necessitare, come nella Lasik, di tagli intrastromali che, pur se eseguiti da sofisticatissimi strumenti come i microcheratomi e il recente laser a femtosecondi , introducono altre variabili ed altri rischi, oltre a costi aggiuntivi.
Non essendo praticato nessun taglio profondo, inoltre,non possono esserci patologie dell’interfaccia.
Come contropartita é una tecnica che può provocare un lieve dolore postoperatorio per circa 24-36 ore ed é necessario un tempo più lungo e cure più prolungate per un perfetto recupero visivo.
Il temuto haze postoperatorio (opacità corneale cicatriziale) che un tempo induceva ad utilizzare questa tecnica solo per miopie lievi, è oggi di difficile riscontro, grazie alla capacità dei laser di ultima generazione di realizzare ablazioni molto precise capaci di lasciare superfici corneali molto regolari e ben levigate.
Inoltre l’uso di lenti corneali a contatto terapeutiche ad alta idratazione e di recenti colliri antinfiammatori senza conservanti consentono una riepitelizzazione postoperatoria più veloce che in passato tanto da consentire di effettuare in assoluta sicurezza trattamenti fino a 10 diottrie di miopia e 5 di ipermetropia.
La visita pre-operatoria
E’ il momento più importante per l’intervento in cui attraverso accurati e non frettolosi esami è necessario uno studio della refrazione del paziente e di tutta un’altra serie di elementi che potrebbero influire negativamente sul buon esito dell’intervento e soprattutto sulla qualità visiva finale.
Proviamo ad enunciarli tutti:
– Autorefrattometria (eseguita dapprima con la pupilla reagente e poi in dilatazione ed eventualmente in cicloplegia)
– Schiascopia
– Cheratometria (per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo)
– Esame dell’acutezza visiva: viene rilevato sia il visus naturale che quello corretto con la migliore correzione tollerata poiché è questo il valore che si mira a raggiungere con l’intervento.
– Misurazione del diametro pupillare: è uno dei parametri più importanti da valutare in quanto una sua non corretta valutazione potrebbe influire molto negativamente sul risultato finale soprattutto nella visione notturna; è necessario pertanto rilevare questo parametro con un sofisticato strumento detto “pupillometro” il quale valuta la reattività pupillare in diverse condizioni di illuminazione da quella scotopica(notturna) a quella fotopica (diurna). Nei casi in cui si riscontra una pupilla eccessivamente larga in pazienti con difetti visivi di una certa entità può essere necessario escluderlo da un eventuale trattamento visto che tanto più è larga la pupilla tanto più tessuto il laser deve ablare e questo potrebbe significare un eccessivo assottigliamento della cornea.
– Biomicroscopia con lampada a fessura: con questo esame è necessario escludere che il paziente soffra di qualche patologia oculare acuta o cronica che potrebbe rappresentare una controindicazione assoluta all’intervento (cheratiti, distrofie corneali ed erosioni epiteliali, leucomi corneali, patologie del segmento anteriore, cataratta).
– Tonometria: è importante misurare la pressione endo-oculare con un “tonometro ad applanazione” oppure “a soffio” anzitutto per escludere una patologia glaucomatosa ma anche in previsione della terapia post-operatoria che richiede l’uso protratto di colliri cortisonici che potrebbero provocare un ipertono oculare. In caso di tono oculare al di sopra dei limiti della norma o si esclude il paziente oppure se possibile si esegue una lasik che prevede steroidi topici solo per qualche giorno.
– Esame del fondo oculare: è importante escludere patologie della retina centrale e periferica nonché del nervo ottico; a tale scopo viene utilizzata la lente a tre specchi di Goldmann posta a contatto della cornea previa instillazione di alcune gocce di collirio anestetico per escludere lesioni regmatogene della retina periferica, più probabili nei miopi, che richiedono eventualmente un trattamento di fotocoagulazione laser
– Pachimetria: attraverso uno strumento detto “pachimetro ad ultrasuoni” oppure con una tomografia corneale computerizzata (Orbscan o Pentacam o Sirius) si misura lo spessore corneale centrale, dato molto importante per valutare la fattibilità o meno dell’intervento; una cornea normale misura dai 500 ai 550 micron di spessore; quando questo è inferiore a questi valori potrebbe esserci una alterazione iniziale della cornea come un cheratocono frusto e ciò merita sempre grande attenzione; inoltre con una pachimetria bassa ed in presenza di una consistente miopia e di un diametro pupillare ampio potrebbe essere necessario evitare il trattamento laser per non assottigliare troppo la cornea con il pericolo di sfiancamenti o ectasie corneali post-operatori.
– Topografia corneale computerizzata: tramite la proiezione di un disco di Placido sulla cornea e l’interfacciamento con un computer, questo esame fornisce importanti dati qualitativi e quantitativi sulla superficie corneale anteriore calcolando il potere diottrico e il raggio di curvatura di centinaia di puntini di questa superficie e ne dà una rappresentazione grafica che appare come una mappa in scale codificate di colori. In sede preoperatoria è molto importante per escludere cheratoconi iniziali o altre patologie corneali ma soprattutto per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo nonchè le caratteristiche della superficie che sarà sottoposta ad ablazione soprattutto la forma, la simmetria e la curvatura. Il raggio laser, essendo uniforme, riprodurrà sulla zona ablata le stesse eventuali irregolarità presenti sulla superficie interessata dal trattamento.
– Tomografia corneale computerizzata: si può eseguire con l’Orbscan della Bausch e Lomb, con il Pentacam della Oculus oppure con il Sirius, l’ultimo nato della CSO, strumenti in grado di acquisire tramite una scansione laser informazioni di oltre 9000 punti della cornea in poco più di un secondo. È un esame di fondamentale importanza in quanto l’unico che consente di misurare la forma della superficie corneale sia anteriore che posteriore (altri sistemi misurano soltanto la superficie anteriore) e di conseguenza fornire un valore preciso dello spessore della cornea in ogni suo punto nonché calcolare la profondità della camera anteriore.
– Test di Schirmer: è un test che misura la quantità della lacrimazione per mezzo di una piccola striscia di carta assorbente la cui estremità viene posta all’interno della palpebra inferiore e tenuta in sede per qualche minuto. È indispensabile per evitare di sottoporre al trattamento di PRK pazienti con scarsa secrezione lacrimale che potrebbero presentare problemi di cicatrizzazione.
Come si svolge l’intervento
Le fasi dell’intervento sono le seguenti:
- Instillazione di alcune gocce di collirio anestetico 5 minuti prima di entrare in sala laser
- Il paziente si sdraia su un lettino mobile al di sotto dell’apparecchio laser
- Viene applicato un piccolo divaricatore palpebrale (blefarostato) per evitare la chiusura delle palpebre.
- Dopo applicazione tramite un piccolo imbuto di una soluzione alcoolica al 20% sulla cornea per 20 secondi viene asportato meccanicamente l’epitelio corneale
- Inizia il trattamento laser vero e proprio della durata dai 20 ai 50 secondi a seconda dell’entità del difetto da trattare durante i quali il paziente viene invitato a fissare una luce di fissazione lampeggiante proveniente dalla testa del laser.
- Medicazione con colliri, applicazione di una lente a contatto per evitare al paziente dolore o fastidio nei 3-5 giorni successivi al trattamento necessari alla riepitelizzazione della cornea.
L’intervento è ambulatoriale, viene eseguito in genere bilateralmente e dura in tutto solo pochi minuti per occhio; è indolore; talvolta è possibile avvertire un leggero fastidio dovuto al divaricatore palpebrale ed un odore di “pollo arrosto” dovuto all’effetto termico del laser sulla cornea
Terapia post-operatoria
Nella prima fase lo scopo della terapia è quello di favorire il processo di riepitelizzazione:
- Applicazione di una lente a contatto terapeutica monouso per 5-6 giorni.
- Somministrazione di colliri antibiotici, antinfiammatori non steroidei (FANS) e Acido Ialuronico nonché antinfiammatori ed analgesici per via orale solo nei rari casi di dolore o fastidio post-operatorio..
Nella seconda fase, dopo l’asportazione della lente corneale terapeutica, la terapia viene modificata per tenere sotto controllo i processi di cicatrizzazione e moderare la risposta infiammatoria:
- Sostituzione dei FANS con collirio cortisonico
- Riduzione e sospensione del collirio antibiotico
- Sospensione della eventuale terapia orale
Decorso post-operatorio
Nelle prime 12-24 ore dopo l’intervento il paziente può avvertire un fastidio oculare di intensità variabile (che non andrà interpretato come una complicanza ma come una normale reazione a questo tipo di trattamento), gonfiore palpebrale causato dall’applicazione del blefarostato, abbagliamento, fotofobia, intolleranza alla lente a contatto terapeutica, tutti sintomi influenzabili in senso positivo da un eventuale trattamento farmacologico antinfiammatorio e antidolorifico sia topico che per via generale..
La visione subito dopo il trattamento risulterà “quantitativamente” sufficiente a svolgere una normale vita di relazione e lavorativa ma risulterà “qualitativamente” non eccellente per 1-2 settimane fino a migliorare definitivamente nell’arco di 2-3 mesi.
Nei primi giorni è consigliabile:
- non frequentare ambienti eccessivamente polverosi ,fumosi e secchi
- non sfregarsi gli occhi
- non truccarsi
- non esporsi a riflessi solari in maniera prolungata e senza occhiali di buona qualità
- evitare lampade abbronzanti
Si suggerisce per 3-4 settimane:
- di evitare i bagni in piscina o al mare
- di evitare il contatto con sostanze irritanti
- di prestare molta attenzione a shampoo e sapone.
- di sospendere o ridurre nei primi giorni le normali attività lavorative
Il chirurgo oculista responsabile del trattamento deve sottoporre il paziente a controlli inizialmente frequenti, poi a scadenza prefissata; tali controlli si rendono assolutamente necessari per verificare l’andamento dell’intervento e soprattutto l’eventuale aumento della pressione endooculare secondaria al trattamento con colliri cortisonici. La negligenza nel seguire la terapia e le scadenze dei controlli può influenzare il risultato finale ed essere causa di complicanze.
Consigli utili
1. Rivolgersi sempre a professionisti con una solida e provata esperienza in questo campo; molti chirurghi, pur eccellendo in altri campi della chirurgia oftalmica, non hanno una specifica competenza nell’ambito della chirurgia refrattiva per cui nel malaugurato caso di complicanze post-operatorie non sanno gestire al meglio tali problematiche.
2. Esigere un’adeguata informazione su tutto ciò che riguarda la casistica del medico prescelto, le tecniche da Lui adoperate, i risultati e le possibili complicanze, sia verbale sia tramite l’utilizzo di pubblicazioni
3. Esigere una visita adeguata con una accurata valutazione e studio di tutti i succitati parametri preoperatori che possono consigliare o sconsigliare l’intervento
4. Diffidare di chi si dimostra troppo frettoloso e superficiale
Il trattamento PRK è il più usato nel mondo.
Esistono diversi laser; con quelli di più recente generazione alcuni effetti indesiderati, come la difficoltà nella visione notturna e la regressione, sono molto diminuiti se non scomparsi; permangono invece dolenzia, lacrimazione, fotofobia e sensazione di corpo estraneo nei primi 2 giorni dopo il trattamento.
L’intervento è indicato per le miopie lievi, fino a 5-6 diottrie ma anche nelle ipermetropie e negli astigmatismi leggeri (fino a 2 diottrie rispettivamente).
La PRK è dunque un trattamento semplice e sicuro anche se l’occhio dopo l’intervento impiega qualche tempo per guarire completamente.