FEMTOLASIK STANDARD
La sostanziale differenza tra la FEMTOLASIK e la LASIK tradizionale consiste nel modo in cui si realizza il lembo corneale (flap). Infatti anzicchè utilizzare uno strumento meccanico come il microcheratomo, dotato di una lama di acciaio oscillante, nella FEMTOLASIK ( i-Lasik) si utilizza per creare il flap un laser ad altissima frequenza detto a femtosecondi che azzera quindi ogni rischio meccanico e consente di realizzare un lembo corneale di maggiore precisione e di spessore minore (anche soli 90 micron) rispetto al microcheratomo (140-160 micron) il che consente di avere più tessuto corneale sano (non tagliato) e quindi più resistente nel tempo a possibili sfiancamenti della superficie posteriore.
Per il resto i vantaggi sono quelli indiscussi della LASIK, sia essa standard o customizzata, come la completa assenza di dolore post-operatorio, l’immediato recupero visivo, una terapia post-operatoria cortisonica di brevissima durata, l’ assenza di rischio di “haze” post-operatorio (opacità corneale) e la minore possibilità di regressione del risultato ottenuto.
La visita pre-operatoria
Come per la PRK e la Lasik e’ un momento di fondamentale importanza per l’intervento in cui attraverso accurati e scrupolosi esami è necessario uno studio non solo della refrazione del paziente ma soprattutto di tutta una serie di esami che potrebbero sconsigliare un intervento FEMTOLASIK e far orientare il chirurgo verso una tecnica di fotoablazione di superficie o addirittura escludere la possibilità dell’intervento.
Enunciamo tutti gli esami da fare:
Autorefrattometria
Viene eseguita dapprima con la pupilla normalmente reagente e poi in dilatazione ed eventualmente in cicloplegia.
Schiascopia
E’ una tecnica che consente di accertare e misurare la capacità refrattiva dell’ occhio.
Cheratometria
E’ utile per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo.
Esame dell’acutezza visiva
Viene rilevato sia il visus naturale che quello corretto con la migliore correzione tollerata poiché è questo il valore che si mira a raggiungere con l’intervento.
Misurazione del diametro pupillare
E’ uno dei parametri più importanti da valutare ogni volta che si pensa di correggere un difetto visivo con il laser ad eccimeri; già nella tecnica di ablazione in superficie (PRK) una sua errata valutazione potrebbe influire negativamente sul risultato finale nella visione notturna; nella i-Lasik, oltre a questo, deve essere considerato anche il fatto che il taglio che il laser a femtosecondi riesce a fare non supera mai i 9,5 –9,8 mm di diametro per cui se il laser ad eccimeri realizza una zona ampia di trattamento con una buona transizione gli spot più periferici della zona ablata finiscono sulla cornea non tagliata danneggiando l’epitelio e soprattutto senza un effetto utile di transizione.
Certamente rispetto alla Lasik tradizionale, nella i-lasik esiste l’indubbio vantaggio di creare un lembo corneale esattamente centrato sulla pupilla, cosa che non sempre capita utilizzando il microcheratomo per cui è molto più facile che anche un trattamento ampio con il laser ad eccimeri non cada al di fuori del flap creato.
Lo studio della pupilla viene realizzato con un sofisticato strumento detto “pupillometro” il quale valuta la reattività pupillare in diverse condizioni di illuminazione, da quella scotopica (notturna) a quella fotopica (diurna).
Nei casi in cui si riscontra una pupilla eccessivamente larga in pazienti con difetti visivi di una certa entità può essere necessario escludere una i-Lasik e pensare ad una PRK oppure escludere il paziente del tutto da un eventuale trattamento visto che con una pupilla molto larga il laser dovrebbe ablare una quantità così elevata di tessuto che la cornea verrebbe pericolosamente troppo assottigliata con il rischio in futuro di sfiancamenti od ectasie della superficie corneale posteriore.
Biomicroscopia con lampada a fessura
Con questo esame è necessario escludere che il paziente soffra di qualche patologia oculare acuta o cronica che potrebbe rappresentare una controindicazione assoluta all’intervento (cheratiti, distrofie corneali ed erosioni epiteliali, leucomi corneali, patologie del segmento anteriore, cataratta).
Tonometria
E’ importante misurare la pressione endo-oculare con un “tonometro ad applanazione” oppure “a soffio” per escludere una patologia glaucomatosa; nella FemtoLasik è previsto l’ uso di colliri cortisonici solo per qualche giorno e quindi non esiste la possibilità di innalzamento della pressione endooculare come invece capita nella PRK dove gli steroidi topici vengono instillati per diversi mesi.
Esame del fondo oculare
E’ importante escludere patologie della retina centrale e periferica nonché del nervo ottico; a tale scopo viene utilizzata la lente a tre specchi di Goldmann posta a contatto della cornea previa instillazione di alcune gocce di collirio anestetico per escludere lesioni regmatogene della retina periferica, più probabili nei miopi, che richiedono eventualmente un trattamento di fotocoagulazione laser; nella i-Lasik bisogna essere ancora più scrupolosi nell’esplorare la periferia retinica in quanto in questo intervento è prevista una suzione del globo oculare che lo immobilizza completamente prima e durante l’azione del laser a femtosecondi; tale suzione però innalza, anche se per pochi secondi, il tono oculare a circa 30-35 mm di mercurio non arrivando ai 55-60 mm di mercurio indotti dal microcheratomo e questo rappresenta senz’altro un altro vantaggio della i-lasik rispetto alla Lasik. E’ sempre bene però che all’esame del fondo oculare non sfugga alcuna lesione regmatogena della periferia della retina in quanto da quel punto si potrebbe avere nel post-operatorio una importante patologia retinica.
Pachimetria
Attraverso uno strumento detto “pachimetro ad ultrasuoni” oppure con una tomografia corneale computerizzata (Orbscan o Pentacam o Sirius) si misura lo spessore corneale centrale, dato molto importante per valutare la fattibilità o meno dell’intervento; una cornea normale misura dai 500 ai 600 micron di spessore; quando questo è inferiore a questi valori potrebbe esserci una alterazione iniziale della cornea come un cheratocono frusto e ciò merita sempre grande attenzione; inoltre, come già spiegato in precedenza, con una pachimetria bassa, una consistente miopia ed un diametro pupillare ampio potrebbe essere necessario escludere una i-Lasik ed orientarsi verso una PRK e comunque evitare sempre che un trattamento laser assottigli troppo la cornea con il pericolo di sfiancamenti o ectasie corneali post-operatorie (cheratocono posteriore). Il vantaggio nella i-lasik è che è possibile programmare esattamente lo spessore del flap corneale cosa impossibile utilizzando il microcheratomo; pertanto avendo la possibilità di realizzare flap anche di soli 90 micron (un lembo tanto sottile implica una buona manualità del chirurgo per il pericolo che si perfori) rispetto ai 160 micron nella lasik, tanti pazienti a cui non era possibile praticare questa tecnica possono oggi essere sottoposti alla i-lasik con ottimi risultati.
Topografia corneale computerizzata
Tramite la proiezione di un disco di Placido sulla cornea e l’interfacciamento con un computer, questo esame fornisce importanti dati qualitativi e quantitativi sulla superficie corneale anteriore calcolando il potere diottrico e il raggio di curvatura di centinaia di puntini di questa superficie e ne dà una rappresentazione grafica che appare come una mappa in scale codificate di colori.
In sede preoperatoria è un esame molto importante per escludere cheratoconi iniziali o altre patologie corneali ma soprattutto per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo nonchè le caratteristiche della superficie che sarà sottoposta ad ablazione soprattutto la forma, la simmetria e la curvatura. Il raggio laser, essendo uniforme, riprodurrà sulla zona ablata le stesse eventuali irregolarità presenti sulla superficie interessata dal trattamento.
Tomografia corneale computerizzata
Si può eseguire con l’Orbscan della Bausch e Lomb, con il Pentacam della Oculus oppure con l’ultimo nato, il Sirius della Cso, strumenti in grado di acquisire tramite una scansione laser informazioni di oltre 9000 punti della cornea in poco più di un secondo.
È un esame di fondamentale importanza in quanto l’unico che consente di misurare la forma della superficie corneale sia anteriore che posteriore (altri sistemi misurano soltanto la superficie anteriore) e di conseguenza fornire un valore preciso dello spessore della cornea in ogni suo punto nonché calcolare la profondità della camera anteriore. Nella i-Lasik è consigliabile escludere dall’intervento quei pazienti che presentano un rapporto tra la superficie anteriore e posteriore della cornea superiore ad 1,25.
Aberrometria
Si esegue con uno strumento chiamato “aberrometro”; è un esame capace di rilevare e misurare sia qualitativamente che quantitativamente, in condizioni sia statiche che in midriasi, ogni imperfezione che la luce incontra nel suo percorso ottico, dalla cornea fino al piano della retina, producendo una distorsione dei raggi luminosi e quindi un’imperfetta focalizzazione dell’immagine sulla retina.
Test di Schirmer
E’ un test che misura la quantità della lacrimazione per mezzo di una piccola striscia di carta assorbente la cui estremità viene posta all’interno della palpebra inferiore e tenuta in sede per qualche minuto.
Se è un test importante nella PRK lo è ancora di più nella FemtoLasik, sia essa standard o customizzata, in cui i pazienti presentano nel post-operatorio una evidente secchezza lacrimale che dura circa un anno. È indispensabile quindi evitare di sottoporre al trattamento FemtoLasik pazienti con scarsa secrezione lacrimale di base che potrebbero presentare problemi di sofferenza del “flap” corneale, soprattutto nei trattamenti ipermetropici.
Per un maggior confort del paziente, è mia prassi, nei primi tre mesi post-operatori , inserire dei “puntum plug” nei punti lacrimali, ossia dei cilindretti in collagene di meno di un millimetro di diametro che riducono il deflusso delle lacrime e si dissolvono da soli in 2- 3 mesi quando i sintomi della secchezza lacrimale da FemtoLasik vanno riducendosi.
Come si svolge l’intervento.
Nella i-Lasik le fasi dell’intervento sono due e precisamente:
– uso del laser a femtosecondi per la creazione del flap corneale
– uso del laser ad eccimeri per l’ablazione del tessuto corneale.
Uso del laser a femtosecondi.
Instillazione di alcune gocce di collirio anestetico 5 minuti prima di entrare in sala laser; quindi disinfezione della zona periorbitaria con Iodopovidone.
Il paziente si sdraia su un lettino a base ruotabile al di sotto dell’apparecchio laser ad eccimeri.
Per una perfetta sterilità le ciglia vengono isolate da un cerotto adesivo sterile e subito dopo viene applicato un delicato divaricatore palpebrale (blefarostato) per evitare la chiusura delle palpebre.
A questo punto si pone sull’occhio un anello di suzione collegato attraverso un piccolo tubicino di raccordo ad una siringa il cui pistone va mantenuto pigiato; dopo aver ben centrato l’anello di suzione sulla cornea, il pistone della siringa viene rilasciato bruscamente al fine di creare una depressione o pressione negativa che immobilizza l’occhio; tale pressione è di circa 30-35 mm di mercurio e quindi non 55-60 come quella che si ottiene con il microcheratomo nella Lasik.
Quindi si ruota il lettino posizionando il paziente al di sotto del laser a femtosecondi; con un joystick si fa lentamente scendere il laser sull’occhio del paziente e si pone il cono di applanazione del laser (monouso) nell l’anello di suzione posto precedentemente sull’occhio del paziente. A questo punto è sufficiente compiere alcune manovre di aggiustamento dell’inclinazione dell’anello di suzione per trovarsi nella posizione ottimale per la procedura di taglio; tutte queste fasi vengono seguite dal chirurgo grazie ad un ampio monitor del laser a femtosecondi sistemato davanti a lui. Si aziona il pedale del laser ed in meno di 20 secondi viene effettuato il precisissimo taglio di una lamella di tessuto corneale per circa 300 gradi , lasciando nella parte superiore una cerniera; il diametro, lo spessore e l’angolazione del “flap” corneale, grazie alla precisione di questo strumento, sono esattamente quelli da noi desiderati. Sempre con il joystick il laser viene sollevato dall’occhio e la poltrona con il paziente ruotata e sistemata sotto al microscopio del laser ad eccimeri.
Uso del laser ad eccimeri.
A questo punto il chirurgo provvede a scollare con grande delicatezza il lembo corneale fino a sollevarlo del tutto ed a ribaltarlo verso l’alto come fosse “la pagina di un libro”.
E si è quindi pronti per il trattamento fotoablativo con il laser ad eccimeri per il rimodellamento della parte interna della cornea così esposta; per la customizzazione, ossia per la personalizzazione del trattamento, il laser utilizza un software interfacciato sia con il tomografo che con l’aberrometro in modo da dare alla cornea una forma quanto più perfetta possibile; questa fase dura dai 20 ai 50 secondi a seconda dell’entità del difetto da trattare durante i quali il paziente viene invitato a guardare una luce di fissazione lampeggiante proveniente dalla testa del laser ed è completamente indolore.
Terminato il trattamento laser il “flap” corneale viene facilmente riposizionato ed asciugato per una perfetta aderenza.
Si medica con colliri antibiotici, cortisonici e lacrime artificiali.
L’intervento è ambulatoriale, viene eseguito in genere bilateralmente e dura in tutto dai tre ai cinque minuti per occhio; è completamente indolore con un modesto fastidio indotto dal divaricatore palpebrale e dall’anello di suzione nella fase di creazione del “flap”; come nella PRK si avverte un odore di “pollo arrosto” durante il trattamento dovuto all’effetto termico del laser sulla cornea .
Con gli attuali laser ad eccimeri di ultima generazione si riescono a correggere i difetti visivi con una precisione di circa il 90%; qualora non si riuscisse ad ottenere la correzione desiderata è possibile risollevare il “flap” corneale ed eseguire un ritrattamento dopo 4-6 mesi o anche oltre; nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate è possibile ottenere nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi portando l’occhio all’emmetropia; è quindi consigliabile in questi casi attendere prima di un eventuale “ritocco”.
Terapia post-operatoria
Somministrazione subito dopo l’intervento di colliri antibiotici, cortisonici e Acido Ialuronico per 5 giorni; analgesici per via orale nei rari casi di fastidio post-operatorio.
Instillazione di colliri cortisonici ed Acido Ialuronico 3-4 volte al giorno per 7 giorni.
Somministrazione di sostituti lacrimali 2-3 volte al dì per qualche mese.
Decorso post-operatorio
E’ incredibilmente rapido anche più della Lasik. Nelle prime 2-3 ore dopo l’intervento il paziente può avvertire una sensazione di corpo estraneo, talvolta lacrimazione o fotofobia; tutti sintomi che scompaiono comunque nel giro di poche ore.
La visione subito dopo il trattamento risulterà già soddisfacente con un notevole miglioramento nelle 24 ore successive; per ottenere invece una buona “qualità” sarà necessario attendere alcune settimane.
E’ bene ricordare che nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate si ottiene nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi; in questo caso quindi il decorso post-operatorio sarà un pochino più lungo.
Nei primi giorni è consigliabile:
– non frequentare ambienti eccessivamente polverosi, fumosi e secchi
– non sfregarsi gli occhi soprattutto al risveglio
– non truccarsi
– non esporsi a riflessi solari in maniera prolungata e senza occhiali di buona qualità
– evitare lampade abbronzanti
– Si suggerisce per 3-4 settimane:
– di evitare i bagni in piscina o al mare
– di evitare il contatto con sostanze irritanti
– di prestare molta attenzione a shampoo e sapone.
– di sospendere o ridurre nei primi giorni le normali attività lavorative
Il chirurgo oculista responsabile del trattamento deve sottoporre il paziente a controlli inizialmente frequenti, poi a scadenza prefissata; tali controlli, compresi quelli topografici, si rendono assolutamente necessari per verificare l’andamento dell’intervento.
La negligenza nel seguire la terapia e le scadenze dei controlli può influenzare il risultato finale ed essere causa di complicanze.
Vantaggi della FEMTOLASIK standard
I vantaggi della FemtoLasik rispetto alla PRK sono i seguenti:
– completa assenza di dolore post-operatorio
– immediato recupero visivo
– terapia post-operatoria cortisonica di breve durata
– assenza di rischio di “haze” post-operatorio (opacità corneale)
– minore possibilità di regressione del risultato ottenuto
I vantaggi della FemtoLasik invece rispetto alla LASIK sono i seguenti:
–minore rischi intraoperatori vista la eliminazione del taglio meccanico con il microcheratomo
– lembi corneali più sottili, perfettamente centrati e precisi.
Svantaggi della FEMTOLASIK standard
Gli svantaggi della FemtoLasik rispetto alla PRK sono i seguenti:
– eseguibile solo per difetti miopici non particolarmente elevati, su cornee di buono spessore e con pupille non eccessivamente ampie (maggiore di 8 mm di diametro);
– non viene eseguita da tutti i chirurghi in quanto di più difficile esecuzione; è necessario affidarsi ad operatori con grande esperienza in chirurgia rifrattiva che hanno dedicato molto tempo all’apprendimento di questa tecnica chirurgica;
– costo dell’intervento più elevato.
Gli svantaggi della FemtoLasik rispetto alla LASIK sono i seguenti:
– costo dell’intervento ancora più elevato per l’utilizzo non solo del laser ad eccimeri ma anche del laser a femtosecondi per la creazione del flap corneale.